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Chioggia e l’anarchia delle bici elettriche: un pericolo quotidiano

C’è un episodio, raccontato in queste ore su Facebook dalla fotografa chioggiotta Valentina Gallimberti, che fotografa bene – è il caso di dirlo – la situazione attuale delle nostre strade. Una signora attraversa sulle strisce pedonali, un’auto si ferma per lasciarla passare. Tutto nella norma, come dovrebbe sempre accadere. Ma da dietro arrivano due ragazzi, forse sedicenni, che sfrecciano in bici elettrica senza rallentare, sfiorando la donna per un soffio. «Attendiamo che ci scappi il morto prima di provvedere?», si chiede con amarezza Gallimberti.
La sua testimonianza non è un caso isolato. È la fotografia di ciò che molti cittadini vivono quotidianamente: una città in cui le regole della strada sembrano optional, soprattutto per chi si muove su due ruote elettriche. Marciapiedi invasi, semafori ignorati, velocità ben oltre i limiti consentiti. Non è più mobilità dolce, è anarchia urbana.
La bicicletta elettrica, sulla carta, è un alleato prezioso: riduce il traffico, inquina meno, aiuta a immaginare un futuro più sostenibile. Ma senza controllo, senza educazione, senza responsabilità, diventa una bomba pronta a esplodere. Non solo per i pedoni o gli automobilisti, ma anche per chi la guida, spesso giovanissimi convinti di essere invincibili.
Chioggia non è sola: molte città italiane vivono la stessa trasformazione caotica, figlia di un mezzo arrivato troppo in fretta e regolato troppo poco. Ma qui, tra calli strette, turisti distratti e traffico già complicato, l’effetto è amplificato. Ogni giorno sembra che la sicurezza dipenda più dalla fortuna che dal rispetto delle regole.
Chioggia ha bisogno di ritrovare equilibrio. Servono controlli più severi, certo, ma soprattutto serve una nuova cultura della mobilità: capire che il rispetto delle regole non è una gabbia, ma l’unico modo per convivere nelle strade senza trasformarle in una giungla.